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La pittura eterna

 

Artigianato o arte? Scultura o pittura realista? Si fa con la pietra, ma per definizione e brillantezza sembra fotografia. Il “commesso” o mosaico fiorentino è una tecnica antica che si è evoluta col tempo. I Medici la chiamavano pittura eterna e pensavano di decorare così l’intera volta delle cappelle Medicee. Come fosse un elisir di lunga vita volevano anche averne l’esclusiva e requisivano le cave. A quel tempo essere trovati con un sasso nel sacco poteva costare dieci anni di prigione. Bruno Lastrucci è l’ultimo erede, con il figlio Jacopo, di questa tradizione tipicamente fiorentina. Nella sua bottega nel cuore di Santa Croce conserva dei capolavori, come un secrétaire realizzato intorno al 1860 per la Casa Reale e l’immagine di una coppia di vecchi contadini seduti al tavolo di cucina, un pezzo che andrà tra poco all’asta a New York. Sicuramente un’opera d’arte, firmata da un certo Innocenti, nome che meriterebbe di uscire dall’ombra. Fu il maestro Angelo Montelatici a mettere fine al tabù di non inserire nelle opere figure umane. Si era al tempo dell’unità d’Italia ed erano state da poco abolite le leggi medicee che riservavano questa lavorazione al solo Opificio delle Pietre Dure. Nel secolo scorso fu il suo allievo Giuseppe Fiaschi a innovare, creando soggetti moderni per i quali si vantava di usare il minor numero di pietre possibili. Dalla sua bottega in via Guicciardini passavano i ricchi committenti stranieri, il mecenate americano Richard Blow si faceva copiare i quadri del suo amico De Chirico. Completamente diverso dal mosaico il “commesso” consiste nello sfruttare il colore e le venature della pietra dura per creare la trama del disegno. Le immagini hanno così uno straordinario impatto visivo per luminosità e ricchezza di variazioni cromatiche. Tagliati come una volta con filo di ferro e sabbia i frammenti, incollati con cera e resina, sono sostenuti da strisce di lavagna, materiale solido e elastico insieme. Il pezzo finito viene poi lucidato con un cuscinetto di piombo. Entrato ragazzino alla scuola di Fiaschi, Lastrucci, circondato da fiori, uccelli esotici, mongolfiere, paesaggi, in un caleidoscopio di colori e sfumature, racconta la difficoltà di trovare la materia prima, ricercata in tutto il mondo fin dal Rinascimento: agata dall’India, diaspri rossi dall’Europa dell’est, porfido dall’Egitto, legno pietrificato dall’America.

Con la scomparsa degli ultimi cercatori molti luoghi di raccolta la cui ubicazione era un segreto custodito gelosamente sono stati dimenticati. Anche la Toscana è terra ricca, si trovano diaspri: i “verdi d’Arno”, paesina e calcedonio. Alle meticolose ricerche di Jacopo si deve una piccola sensazionale scoperta. Con l’aiuto di antiche carte ha ritrovato in Maremma la cava dove i Medici estraevano il calcedonio di Monterufoli, pietra preferita di Lorenzo il Magnifico. Colpo d’occhio per individuare le caratteristiche del blocco, capacità manuale e infinita pazienza sono le doti di questi maestri, capaci attraverso una specie di processo alchemico di trasformare la pietra grezza in arte eterna.

Neri Fadigati

Aprile 2012

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